Lo stress lavoro correlato all’interno degli istituti penitenziari

Chi sceglie la “reclusione a vita” senza aver commesso reati, non ha di fatto l’attenzione dell’opinione pubblica che, da sempre, è notoriamente attratta dalla “condizione di vita e psicologica dei detenuti”. A differenza delle altre forze di Polizia, coloro che appartengono alla Penitenziaria sembrano esseri “dimenticati da Dio”, nonostante gli enormi carichi psicologici della condizione carceraria non si abbattano solo sui detenuti, creando disagi e situazioni di difficile gestione, ma anche su coloro che in carcere indossano una divisa. L’austerità del regime carcerario garantisce che le pene comminate ai detenuti abbiano carattere afflittivo, quindi l’obiettivo è porre in uno stato di sofferenza coloro che devono scontare una pena. Ma nelle carceri non vi sono solo i detenuti!

Solo di recente, oltre che al loro isolamento e reinserimento sociale, si comincia a parlare di coloro che invisibili fino a ieri, si trovano a dover fronteggiare difficoltà che nascono sia dai rapporti con i detenuti, ma anche, come abbiamo avuto modo di vedere, con i rapporti tra i colleghi, superiori e dirigenti. Tutto ciò accompagnato da compiti polivalenti, da turni di lavoro estenuanti e da retribuzioni non adeguate.

Riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia reciproca durante lo svolgimento del compito di vigilanza e di custodia, tenendo conto dell’eterogeneità e della disadattività della popolazione, in un clima ostile e difensivo, è complicato. Se ci aggiungiamo le pressioni, le molestie psicologiche, le sanzioni da parte dei superiori gerarchici e le azioni mobbizzanti da parte dei colleghi, comprendiamo subito quanto possa essere complesso lo svolgimento dell’attività. E’ inevitabile che la quotidianità lavorativa diventi fonte di stress. Accenniamo, solo per completezza argomentativa, al concetto di stress lavorativo che svicolandosi dall’inflazionato uso comune che del termine viene fatto, diventa un argomento complesso che può invece produrre notevoli difficoltà in coloro che vivono tale condizione. È uno sforzo psicologico o il disagio conseguente all’esposizione a situazioni inusuali o particolarmente impegnative, definite stressor. In questo caso lo stress lavorativo è la risposta a stressor organizzativi presenti nell’ambiente di lavoro che comportano anche solo la percezione di una minaccia al benessere o alla sicurezza individuale. Situazioni di stress prolungato possono condurre al burnout, definito come una “sindrome psicologica in risposta ad uno stress interpersonale cronico sul posto di lavoro” che si sviluppa in seguito alla discrepanza tra le richieste di cui si fa carico un individuo e le sue capacità di coping. La sindrome da burnout è caratterizzata da un sentimento di profonda stanchezza, cinismo e da una mancanza di desiderio di autorealizzazione. Nel 1976 Marshall e Cooper, per spiegare le cause lavoro specifiche di stress all’interno di un’organizzazione, formularono un modello individuando 5 categorie:

  • Stressor intrinseci al lavoro: ossia le mansioni e i compiti che un lavoratore data la mansione, deve eseguire. Inoltre in questa categoria vengono descritti i fattori che rendono il carico di lavoro troppo pesante per essere gestito.
  • Il ruolo all’interno dell’organizzazione: si parla di ambiguità del ruolo quando i compiti e le aspettative poste sul lavoratore sono chiare. Si parla invece di conflitto di ruolo quando dei demands delle mansioni sono in contrasto tra loro
  • La terza categoria fa rifermento alle promozioni lavorative, sicurezza lavorativa e ambizione: tutti fattori che possono concorrere ad esempio, con lo sviluppo della carriera.
  • Le relazioni lavorative. Le situazioni di possibile stress derivanti dalle interazioni che intercorrono tra colleghi e superiori sono proprio racchiuse all’interno di questa categoria che si propone di descrivere come la struttura e il clima delle organizzazioni influisca sul lavoratore e come possa essere per lui fonte di stress, partendo dal grado di libertà di decisione che egli ha nello svolgimento delle sue mansioni, passando alla struttura politica ed arrivando alle modalità di comunicazione tra i lavoratori e l’organizzazione.
  • La natura del lavoro all’interno degli istituti penitenziari, porta spesso gli agenti a contatti frequenti con i detenuti, a cui si devono aggiungere le mansioni di controllo ed applicazione delle regole, di regolazione delle attività, ed il monitoraggio delle attività lavorative quotidiane. La compresenza di tutti questi elementi è chiara fonte di stress.